domenica 2 settembre 2012

Presagio triste

Resto nell'ambito della letteratura giapponese, cambiando però autore.
Avevo affrontato la Yoshimoto già tanto tempo fa, e non mi era piaciuta; dopo aver "imparato" Murakami, pensavo fosse solo una questione di sapere cosa aspettarsi e come approcciarsi all'autore, e ho deciso che avrei riprovato...

Genere: è un romanzo breve che verte intorno all'introspezione della protagonista.

Trama: Yayoi ha la sensazione di aver dimenticato qualcosa d'importante, non ricorda quasi niente della sua infanzia, ha un fratello che ama e una zia un po' strana che la porta a seguirla, in un viaggio che le schiarirà la mente.

Stile: "freddo" e "vuoto" sono le prime parole che mi vengono in mente - e non è certo colpa del traduttore, visto che è Amitrano, lo stesso che traduce Murakami. Dà la sensazione di girare un po' intorno a quello che invece dovrebbe dire perché lei sa già dove vuole andare a parare, e non si rende conto di non renderlo altrettanto chiaro al lettore. È uno stile saltellante e vagamente nevrotico, niente a che vedere con Murakami: con lui mi sento accompagnata a vivere di persona quanto raccontato, la Yoshimoto mi dà più la sensazione di sbattermi in mezzo a una scena dopo l'altra, senza soluzione di continuità, senza spiegazioni e senza la minima grazia.

Personaggi: noiosi, e non saprei che altro dire. Yayoi è bidimensionale nonostante il lettore sia nella sua testa, Yukino è la classica pazzerellona (yeeee!), gli altri sono sfondo.

Commento: noioso. Ma noioso che tipo 'ste 130 pagine mi sembravano non dover finire più. Ma noioso che lo prendevo in mano pensando "dai, posso farcela, e lo finisco e poi leggo altro". Ma noioso che non lo rileggerei neanche a pagamento. Così noioso.

Voto: 6/10, solo perché comunque l'idea è carina e mi rendo conto che alcuni dei difetti sono tali solo per me e non in assoluto.

Consigliato: a chi già ama la Yoshimoto; non mi sento di consigliarlo a nessun altro.

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