lunedì 31 dicembre 2012

Fiftyfifty

E mentre attendo il risultato dei due preappelli di dicembre, ce l'ho quasi fatta, mancano poche pagine e ci sono. Un mese fa volevo semplicemente battere il mio record di 42 libri letti, poi quello delle pagine, e adesso che sono riuscita anche a fare quello, con la rispettabile cifra di 12721 (ehi, è palindromo!) pagine lette, me ne manca uno solo ai 50. Cinquanta libri letti in un anno, non potevo lasciarmi scappare l'occasione. E la scelta per il cinquantesimo è ricaduta su -

- suonino i tamburi -

- squillino le trombe -

- suspance -

...questa ciofeca qui: Bioetica e religioni, di don Michele Aramini. Sì lo so, è una miseria per un traguardo così epico, ma dovevo comunque prepararlo per l'esame di Storia delle religioni (10 gennaio), si lascia leggere abbastanza facilmente, è stampato in grande (ho gli occhiali a riparare -.-), e l'ultima parte è tutto un elenco di casi esemplari che scorre via da solo.
Sigh.
Prometto che il primo libro del 2013 sarà più figo (in realtà probabilmente sarà il Manuale di storia delle religioni, ma fate finta di credermi).

E con questo, buon anno a tutti, buone feste, buone vacanze, io vado a giocare con Final Fantasy VI, che ho comprato oggi sul PSN dopo anni che lo volevo e promette di essere la droga per molti giorni a venire.
O mesi, considerando i sedici esami di quest'anno...

mercoledì 10 ottobre 2012

Ouch. La cultura fa male

All'inizio di quest'anno ho deciso di frequentare il più possibile. Non che ne abbia particolarmente bisogno, l'ultimo esame che ho fatto da non frequentante totale mi ha fruttato un 30 e i complimenti del prof, solo per fare un po' meno fatica a studiare e per tenermi impegnata.
Mi piace prendere uno dei primi treni, al mattino, stare da sola ad ascoltare musica e leggere, arrivare in aula con calma. Avere tutti i miei appunti belli ordinati nel PC.
Cosa mi ha fruttato, dopo neanche tre settimane, questa decisione?
La sciatica! Ringraziamo sentitamente il folle che ha deciso di mettere quelle orribili sedie nelle aule più frequentate, invece di sacrosantissimi banchi. Tra quarti delle volte il tavolino non è nemmeno ben fisso, e per scrivere (indipendentemente dall'uso di PC o carta&penna) devi sostenerlo con la gamba sotto o scrivere in posizioni da macaco.
Il risultato è che adesso frequenterò il meno possibile (comunque abbastanza, perché per un motivo o per l'altro molte lezioni non le posso o voglio perdere) e che per studiare, invece che stare normalmente alla scrivania, mi tocca accoccolarmi nel letto. Chiaramente la schiena ringrazia *inserire sarcasmo qui*.

venerdì 5 ottobre 2012

SKIP!

Sto cascando dal sonno (sì, lo so che sono le nove di venerdì sera, abbiate pietà degli universitari, amen), quindi solo un breve aggiornamento: sono riuscita a trovare il modo di evitare Inglese 3.
Rischiando di diventare una maestra di friulano. Che non è neanche la lingua che parlo in casa, visto che da noi si parla dialetto.

domenica 2 settembre 2012

Presagio triste

Resto nell'ambito della letteratura giapponese, cambiando però autore.
Avevo affrontato la Yoshimoto già tanto tempo fa, e non mi era piaciuta; dopo aver "imparato" Murakami, pensavo fosse solo una questione di sapere cosa aspettarsi e come approcciarsi all'autore, e ho deciso che avrei riprovato...

Genere: è un romanzo breve che verte intorno all'introspezione della protagonista.

Trama: Yayoi ha la sensazione di aver dimenticato qualcosa d'importante, non ricorda quasi niente della sua infanzia, ha un fratello che ama e una zia un po' strana che la porta a seguirla, in un viaggio che le schiarirà la mente.

Stile: "freddo" e "vuoto" sono le prime parole che mi vengono in mente - e non è certo colpa del traduttore, visto che è Amitrano, lo stesso che traduce Murakami. Dà la sensazione di girare un po' intorno a quello che invece dovrebbe dire perché lei sa già dove vuole andare a parare, e non si rende conto di non renderlo altrettanto chiaro al lettore. È uno stile saltellante e vagamente nevrotico, niente a che vedere con Murakami: con lui mi sento accompagnata a vivere di persona quanto raccontato, la Yoshimoto mi dà più la sensazione di sbattermi in mezzo a una scena dopo l'altra, senza soluzione di continuità, senza spiegazioni e senza la minima grazia.

Personaggi: noiosi, e non saprei che altro dire. Yayoi è bidimensionale nonostante il lettore sia nella sua testa, Yukino è la classica pazzerellona (yeeee!), gli altri sono sfondo.

Commento: noioso. Ma noioso che tipo 'ste 130 pagine mi sembravano non dover finire più. Ma noioso che lo prendevo in mano pensando "dai, posso farcela, e lo finisco e poi leggo altro". Ma noioso che non lo rileggerei neanche a pagamento. Così noioso.

Voto: 6/10, solo perché comunque l'idea è carina e mi rendo conto che alcuni dei difetti sono tali solo per me e non in assoluto.

Consigliato: a chi già ama la Yoshimoto; non mi sento di consigliarlo a nessun altro.

martedì 28 agosto 2012

La fine del mondo e il paese delle meraviglie

Questa recensione sarà diversa dal solito, perché non è un libro che sia capace di incasellare. E perché descrivere per la settecentesima volta lo stile di Murakami o il modo in cui dipinge i suoi personaggi mi sembra un pelo ridondante.

Il racconto segue due storie che finiranno per intrecciarsi, quella di un cibermatico che rischia di finire intrappolato nella sua testa e quella di un uomo senza ombra in un paese cintato e popolato di uomini senza cuore e unicorni.
Più che mai in questo libro Murakami non dà risposte, ma solo domande: chi siamo noi? Cos'è che ci rende umani? La coscienza, la mente, cosa sono? Dov'è la realtà, dentro o fuori da noi, percezione o pensiero? Che responsabilità abbiamo nei confronti di noi stessi? E nei confronti del mondo esterno?

È un libro che mi ha lasciato decisamente sottosopra; finito stanotte, ancora non ho ben deciso quanto mi sia piaciuto. Di sicuro ha fatto più fatica a scendere degli altri Murakami, la Tōkyō futuristica e la città senza nome sono entrambe raffigurazioni inquietanti che non si lasciavano attraversare facilmente, almeno da me.
Consigliato? Sì, sicuramente, ma più che mai è un libro che deve avere il suo tempo, il suo momento. Imporsi di leggerlo quando non è la sua ora sarebbe male.

venerdì 24 agosto 2012

Non ci posso credere -.-

Ve lo ricordate? Io e l'inglese... odio reciproco. Vi ricordate anche che detesto i lavori di gruppo? E sapete -questo forse no, ma adesso lo saprete- che ho le palle strapiene di sentir parlare di multiculturalità?
Ebbene: gira e volta, ho sezionato il piano di studio in tutti i modi, e in qualsiasi modo lo rigiro vien fuori che devo fare inglese 3.
Che è un lavoro di gruppo.
Sulla multiculturalità.
Vado a spararmi.

sabato 11 agosto 2012

Dance Dance Dance

Dance Dance Dance. Che dire di questo libro? Sono ancora risucchiata nell'Albergo del Delfino, e fatico a mettere a fuoco la realtà a sufficienza per parlarne in modo chiaro.
Murakami at his best.

Genere: racconto onirico, romanzo di formazione, introspezione psicologica, studio sociologico, un po' di soprannaturale... c'è di tutto.

Trama: lo stesso protagonista della Pecora viene richiamato, in sogno, nell'Albergo del Delfino. Lì ritroverà l'uomo-pecora, e da lì partirà per un lunghissimo viaggio alla ricerca del suo posto nel mondo, seguendo fili sottilissimi, incrociando gente di ogni sorta, indagando su sparizioni, omicidi e scheletri in salotto.

Stile: è lo stile di Murakami, ormai chevvelodicoaffà. Descrizioni precise, analisi psicologica puntuale, POV saldissimo e parole che ti portano esattamente dove vogliono. Più che mai qui si coglie come Murakami scriva solo di quello che sa, senza addentrarsi in cespugli irti di stronzate come quelli dove vanno a pascolare gli scrittori che scrivono sul sentito dire.

Personaggi: puliti, non saprei come altrimenti definirli. Non c'è una sbavatura, non un'imperfezione, i personaggi di Murakami sono delineati con immensa maestria e coerenza, al punto tale che alla fine anche il lettore sente di conoscerli e saprebbe dire cosa potrebbe piacere o non piacere loro. Il protagonista, nella fattispecie, offre una piacevole mente in cui stare, e alla fine dei due libri mi manca davvero; era diventato un po' un mio amico, grazie anche al fatto che in varie cose siamo simili.

Commento: un libro splendido, disorientante, da vertigini. Uno studio psicologico e sociale puntualissimo, e preciso. Uno spaccato di vita moderna. Un libro che mi è entrato nel cuore e che litiga con Kafka sulla spiaggia per il primo posto nella mia lista di libri preferiti.

Voto: 10/10

Consigliato: a chi vuole capire gli esseri umani, capirsi, a chi ogni tanto ha la sensazione di essere un po' fuori sincrono con la realtà. A molti farà dire "ehi, questo è quello che ho sempre pensato anch'io, ma non riuscivo mai a trovare le parole per descriverlo!".
Devi danzare, e danzare bene. Tanto bene da lasciare tutti a bocca aperta.
Finché c'è musica, devi danzare!

giovedì 2 agosto 2012

A sud del confine, a ovest del sole

Un altro Murakami. Stavolta si tratta di un libro piuttosto breve, circa duecento pagine da leggere con un po' di jazz in sottofondo.

Genere: un po' come Norwegian Wood è un romanzo che va a indagare l'intimo umano, l'amore, il tradimento, il passato, lo scorrere del tempo.

Trama: Hajime trascorre la sua vita con un'insoddisfazione di fondo, qualcosa di non trovato, di non fatto che lo perseguita; questo qualcosa ha il volto di Shimamoto, la migliore amica dell'infanzia che avrebbe dovuto essere qualcosa di più se il tempo, lo spazio, la vita non si fossero messi di mezzo.
Sposato, con un lavoro che lo soddisfa e due figlie che adora, di colpo si ritrova davanti a Shimamoto, e il suo passato si prende tutto il suo presente, portandolo davanti a scelte e responsabilità.

Stile: pulito, essenziale e scorrevole, è il solito stile di Murakami che ti prende e ti porta esattamente dove vuole lui.

Personaggi: ogni personaggio, qui, è un simbolo, un rimando a una funzione umana - il passato, il presente, il futuro, la speranza, la delusione, il dolore, tutto quello che gira attorno all'esistenza umana e ai suoi nodi principali, tutto quello che può passare normalmente in testa alla gente almeno ogni tanto nella vita è lì, simboleggiato su carta da un personaggio, come sempre, di un certo spessore e un'ottima tridimensionalità.

Commento: il significato del romanzo, o del lungo racconto, arriva alla perfezione, forse anche grazie ai molti interrogativi lasciati aperti alla fine della narrazione, ma proprio questi interrogativi mi hanno lasciato un vago fastidio addosso, perché sono una scimmia curiosa e avrei voluto sapere cos'è successo, com'è andata a finire, che fine ha fatto.

Voto: 8½/10

Consigliato: a chi vuole sondare l'animo umano, scavarvi dentro e vedere tutto quello che c'è, di bello e di brutto, al suo interno, senza veli né ombre.

lunedì 30 luglio 2012

Norwegian Wood

Rieccoci con un altro Murakami. L'ho letto per la maggior parte in viaggio, scomoda sul sedile del passeggero per quattro ore - per fortuna non proprio filate - andata e quattro ore - sempre con qualche breve pausa - ritorno. L'effetto è stato strano: Murakami ha, già di suo, la capacità di stravolgere spazio e tempo attorno al lettore, fino a catapultarti fuori dal mondo; aggiungiamo che leggere in viaggio ha sostanzialmente lo stesso effetto, il risultato è una Maestra disorientata che si aggira per Milano* pensando di essere nella Tōkyō degli anni '70.

*Milano dove ho comprato altri tre libri di Murakami, tanto per farvi sapere cosa vi aspetta.

Genere: è un romanzo intimista, introspettivo, un racconto di formazione e anche una storia d'amore, di tanti amori, e di morte. Murakami non è mai una cosa sola, fateci l'abitudine.

Trama: Torū e Naoko si avvicinano dopo la morte di Kizuki, migliore amico di lui e fidanzato di lei. Il loro rapporto si trasforma in un amore puro, cristallino come acqua di sorgente, perfetto come una natura morta. E morto lo è davvero, perché in Naoko qualcosa è morto assieme a Kizuki, e presto andrà in una clinica per riprendersi dai problemi nervosi e mentali. In clinica farà amicizia con Reiko, una donna immobilizzata dalla paura del mondo, che grazie a Torū comincerà a far pace con l'esterno.
Torū lentamente si avvicina anche a Midori, frizzante, energica, piena di vita nonostante i mille problemi della sua esistenza.
Il dubbio tra le due ragazze e tutto ciò che ne conseguirà porteranno Torū a crescere, a imparare molto sulla vita e su di sé, e a imparare forse anche la felicità e il suo prezzo.

Stile: asciutto e pulito, è il solito stile di Murakami che ti trascina nel racconto e ti porta dove vuole lui. Il lettore non può fare nient'altro che seguire la corrente, o opporsi strenuamente e chiudere il libro.

Personaggi: caratterizzati, come al solito, in maniera perfetta. Sono umani nel modo più profondo, la descrizione stessa dell'umanità; pensieri e azioni che normalmente ci teniamo dentro, per pudore o per vergogna, vengono fissati su carta con la massima semplicità, senza giudizio alcuno, in perfetta serenità. Torū, Naoko, Midori e Reiko sono, nei pregi e nei difetti, noi, amplificati dal silenzio della vita.

Commento: non è il solito Murakami, e inizialmente mi ha spiazzata. Dov'è la distorsione nella logica della realtà, qui?, mi sono chiesta all'inizio. Murakami mi piace per questo, perché distorce, contorce e grazie a questo chiarisce.
Poi ho capito. Così come in Kafka o nella Pecora la distorsione è nella realtà esterna, qua a essere scossa è la realtà interna, partendo da qualcosa che diamo per quotidiano, per doloroso ma normale, come la morte di una persona cara, finché non tocca anche a noi chiederci cosa c'è di normale nell'amare una persona e improvvisamente vedersela strappata via - cosa resta di normale, nel mondo interno di chi resta? Eccola qui la distorsione, tutta soggettiva e personale: non poter mai più guardare, toccare, abbracciare la persona che ami di più al mondo.
E personale è anche la chiarificazione che ne segue, nell'animo di Torū, e del lettore trascinato con lui dal fluire di Murakami.

Voto: 10/10

Consigliato: a chi vuole crescere, ma crescere per davvero, non solo all'anagrafe. E per farlo non ha paura di un viaggio nel dolore.

Vi lascio con una canzone di Vecchioni, Euridice, che in un certo senso ha lo stesso messaggio e gli stessi destinatari. Bagno di dolore. Catarsi. Sipario.

martedì 24 luglio 2012

Nel segno della pecora

Il libro di cui vi parlo è di H. Murakami, autore che avevo preso in mano molti anni fa con Dance dance dance, mai finito, e ripreso con Kafka sulla spiaggia, che rileggerò presto e che è arrivato immediatamente al primo posto nella classifica dei miei libri preferiti. È anche un autore terribilmente difficile da definire, quindi perdonate se questa recensione vi sembrerà slegata, mancante di coerenza e logica. Dovrete trovarvi voi un senso, esattamente come nei romanzi di Murakami.
Ah, Dance dance dance lo leggerò quanto prima, adesso so come va affrontato.

Genere: è Murakami. Ma per chi non conosce Murakami, provo comunque a dare una definizione dell'indefinibile: è onirico, distopico, utopico, essenza della realtà e frattura nella stessa.

Trama: un trentenne senza nome, senza scopo nella vita, annoiato, che ha perso la presa (se mai l'ha avuta) sulle redini della propria esistenza, viene di colpo chiamato a rapporto dal braccio destro del Maestro, colui che, in un modo o nell'altro, decide e governa mezzo mondo. Da lui vogliono che ritrovi una pecora, che compare in una foto che egli ha usato poco tempo prima per un volantino. Così, lui e la sua ragazza dalle orecchie bellissime e con strani poteri partono per un viaggio alla ricerca dell'animale, seguendo le tracce del Sorcio, l'amico che gli ha mandato la foto, ritrovando brandelli di passato, relazioni sfilacciate, liberandosi dell'inutile e ritrovando il senso dell'essenziale e della vita. La pecora ha la strana facoltà di penetrare nelle coscienze di chi sceglie e di donare loro potere, in cambio di fare quello che le garba del mondo. Finirà? Come finirà? Si può fermare, si deve fermare?
Una cosa è certa: non è più il caso di lasciarsi scivolare la vita addosso.

Stile: è Murakami. E qui davvero faccio difficoltà a descriverlo in qualsiasi altro modo. Se chiunque altro scrivesse così, direi che è lo stile di Murakami - ma dovendo descrivere per l'appunto lo stile di Murakami, cercherò di farlo in modo per forza di cose approssimativo. È di una lentezza esasperante e di una velocità stordente. Sa cosa fare delle parole, sa come usarle per portare il lettore dove vuole, a sentire quello che vuole. Perdi il senso dello spazio, del tempo, perdi ogni appiglio logico-consequenziale, e quando smetti di leggere ci metti ben più di un attimo a riprendere le fila della tua esistenza, a capire di nuovo chi sei, a fare il punto. Ti sconvolge da dentro, ti butta in uno shaker e agita con gusto, ti rincoglionisce non poco. Portandoti con sé, alla fine fa di te il suo personaggio, e ti muove come vuole, e ti fa provare quello che vuole.

Personaggi: mediocri, ma esemplarmente tali. Funzionali alle emozioni, alle sensazioni, alle elucubrazioni. Ci sono storie che vertono sulla trama, altre sui personaggi. Murakami usa entrambe le cose come strumenti per trasmettere i suoi messaggi, come tramite delle sensazioni che il lettore deve provare. I suoi personaggi sono vuoti eppure pieni, vuoti per essere riempiti dal lettore, pieni di pensieri e sensazioni e metafisica.

Commento: mi sento ancora sottosopra come appena scesa dalle montagne russe. L'ho trovato un pelo sotto a Kafka, forse un po' più metafisico, più elucubrativo, più cerebrale; dove Kafka aveva un po' più mistero, un po' più azione, questo ha pensieri, divagazioni filosofiche, viaggi nell'animo e nell'essenza umana.

Voto: 9/10

Consigliato: a chi non ha paura di entrare nello specchio e guardare, senza veli, senza abbellimenti, la realtà di qua e di là - a chi non ha paura di vedere chiaro grazie alle deformazioni - a chi non ha paura di perdersi irrimediabilmente per potersi, poi, forse, ritrovare.

giovedì 12 luglio 2012

Beastly


Come promesso, comincio a chiacchierare un po' di libri; ad aprire le danze, un titolo che ho cominciato completamente a casaccio, spinta dalla noia e dalla necessità di leggere qualcosa di vagamente più ossigenante per il cervello dello studio sulla lingua usata nei Trionfi da Petrarca. La scelta è stata fatta sfogliando il mio e-book reader in cerca di qualcosa che mi attirasse, quando mi sono fermata su Beastly di Alex Flinn (che è una signora, eh, non un maschietto come speravo inizialmente).

Genere: è una fiaba. È uno young adult. È un urban fantasy. (È Superman!) Fate come vi pare.

Trama: è la trama de La Bella e la Bestia. Volete che ve ne parli? Ok: è la trama de La Bella e la Bestia. Dai, ce la fate, uno stronzo è così stronzo che viene trasformato in una roba brutta e solo il vero amore lo può salvare, poi c'è la ragazza sfigata che il padre regala come niente e poi succede quello che succede. Non penso di poter spoilerare chissà cosa ma non proseguo comunque, anche perché qualche sorpresa qua e là c'è. La trama è comunque piuttosto fedele all'originale, i rimandi marcati ma mai invasivi, e innovazioni e cambiamenti sono perfettamente inseriti nella storia senza creare stacchi o fastidi di sorta. Ogni istante della storia è coerente col mondo dell'autrice e pertanto perfettamente credibile.

Stile: comincio da quello che mi ha colpito maggiormente: le descrizioni. Sono perfette. Non una parola di troppo, non una parola in meno, ho visto le stanze meravigliosamente arredate, ho sentito il profumo delle rose, il freddo pungente della neve mi ha arrossato la pelle (ah, dite che è il sole di luglio?), la Primavera di Vivaldi mi ha suonato nelle orecchie.
Lo show, don't tell è stato seguito alla perfezione, senza che il mostrato diventasse una pedissequa elencazione di cose fatte e cose dette e cose mangiate e cose viste, bensì sono bastate poche pennellate a spiegare una situazione, uno stato d'animo, un evento o un luogo. Ho potuto ridere con i protagonisti, piangere, rattristarmi per loro, esultare, ballare con loro perché l'autrice mi ha portato .
Il romanzo è in prima persona (che di solito non amo ma qua è reso molto bene), il POV saldo (per fortuna è quasi scontato con la prima persona) e piacevole. Si sta bene nella testa di, uhm, Bestia.

Personaggi: credibili. E già qua ho detto tanto. È credibile lei, è credibile lui, è piuttosto credibile anche la strega, anche se una o due frasi sono suonate un po' stonate (colpa della traduzione?). Ma sono una o due frasi in un intero libro. E vi dirò di più, sono anche piacevoli. Mentre lui s'innamorava, m'innamoravo un po' di lei anch'io. E mentre lo conoscevo, mentre cambiava, mi sono innamorata anche di lui. Sono caratterizzati, sono persone, persone vere. Hanno spessore, senso, personalità. Sono, decisamente, degli individui.

Commento: ho dovuto interrompermi ogni tanto, nelle ultime -uhm- 140/150 pagine (su 200 circa) lette praticamente di fila (l'inizio è stato lento causa sessione estiva), per riprendere fiato; come ho detto, era come essere lì e vivere con e in Bestia, ma vivere due anni in poche ore toglie il respiro. È anche uno di quei libri che ti emozionano tanto che puoi scegliere se urlare o fermarti un attimo. Ogni tanto ho urlato, lo ammetto, tanto ero nel nulla a guardare una rally car in fase di test passare avanti e indietro, non mi ha sentito nessuno. Spero.

Voto: 10/10

Consigliato: a chi ama le storie per ragazzi, a chi ama le fiabe, a chi ama le storie d'amore e a chi ama il fantasy. Tutto sempre tenendo presente che i protagonisti sono dei sedicenni, e che se questo non v'aggrada è difficile vi piaccia il libro.

mercoledì 11 luglio 2012

Vacanzavera

Questa maestra qua è in vacanza. Ma non nel senso che ozio a cazzo, nel senso che proprio ho finito, finito, il secondo anno, concludendo quindi il biennio comune ed entrando a pieno diritto nella "specialistica" (essendo un 4 anni a ciclo unico non è proprio una specialistica, più una specializzazione, dai).
Fino a poco tempo fa a questo punto avrei già potuto inserirmi in graduatoria, mentre adesso se non è cambiato niente le graduatorie verranno riaperte nel 2014 - ovvero esattamente quando mi laureo se tengo il ritmo, gud!
A breve probabilmente cominceranno post su letture varie, ricette, fai da te e qualsiasi altra girobobbola che mi passi per la testa. E sì, girobobbola me lo sono appena inventato.
Intanto vi anticipo che ho intenzione di rileggere Kafka sulla spiaggia e dedicarmi anche a Dance, dance, dance e Nel segno della pecora, e inoltre Emma, Mansfield Park e Northanger Abbey. I miei due autori preferiti <3

lunedì 18 giugno 2012

Lo yogurt

Ebbene.
Cos'è una maestra in vacanza? È una maestra che invece di studiare come dovrebbe (c'è il Migliorini che mi fa gli occhi dolci proprio qui davanti, tra tastiera e schermo) fa tutto altro, nella fattispecie ieri ho fatto lo yogurt e siccome è bbono da far schifo oggi vi svelo i miei segreti.
E non dite che non vi amo.

Ingredienti
* un vasetto di yogurt intero, naturale, possibilmente greco, scadenza il più lontana possibile
* un litro di latte (per un litro di yogurt, mezzo litro per mezzo litro... vabbé, avete capito) UHT, intero

Necessario
* vaso a chiusura ermetica (da un litro se volete un litro di... ok, ok)
* pentola per scaldare il latte
* un cucchiaio (gh =D)
* termometro per alimenti
* un forno
* un panno/una coperta

Procedimento
Scaldare il latte fino a 38 gradi circa. Un grado di più o di meno non cambia la vita, ma che non sia troppo caldo o muoiono i fermentini.
Mettere due cucchiai di yogurt nel vaso, prenderne cinque/sei di latte e stemperare lo yogurt finché non ci sono più grumi né grumetti.
Versare il resto del latte nel vaso. Chiudere il vaso. Avvolgerlo nel panno (d'estate) o nella coperta (d'inverno, i fermentini hanno freddo), metterlo nel forno e non guardarlo neanche per almeno 6 ore.
Il tempo varia a seconda di quanto lo volete acido, a 6 ore è piuttosto dolce, a 12 è molto acido, oltre le dodici non garantisco su cosa possa venir fuori. In questo tempo assolutamente non muovete il vaso, non toccatelo, non pensatelo.
Passato il tempo, spostate il vaso (senza straccio o copertina) in frigo e lasciatecelo per un paio d'ore.
Tirate fuori e mangiate.
È buono buono.

Piccoli appunti: lo straccio serve per rendere il vaso opaco, se il vostro è opaco, non serve lo straccio.
Il forno serve per mantenere la temperatura costante, senza sbalzi o picchi.
La temperatura del frigo sarebbe ideale intorno ai 4/5°. Deve far freddo, non freschino.

domenica 27 maggio 2012

DONE

Finito il progetto. Andava bene. Firmato la presenza. Alla fine sì, le voleva. 34 ore su 25, mi sfugge qualcosa, forse devo ripetere matematica.
Non importa.
Ho finito fisica. Ho finito fisica. Devo ancora consegnare il quaderno, vero, e devo anche finirlo, vero, ma posso serenamente dire conclusa la parte principale, il tema centrale, lo zoccolo duro di quest'anno accademico.
Alleluja tutti in coro.

lunedì 21 maggio 2012

La storia infinita

No, non sono obbligatori altri due pomeriggi. Ma sì, finirò per avere la presenza comunque, perché giovedì scorso abbiamo fatto la presentazione e non andava bene, così abbiamo rivisto il tutto con l'assistente, che praticamente ha detto che quella donna è una rompicoglioni, e ci ha spiegato cosa dire/non dire fare/non fare.
Giovedì prossimo abbiamo di nuovo la presentazione progetto, e se tutto va bene dovrebbe essere l'ultimo scoglio. Poi resterà solo da finire il quaderno e consegnarlo e addio. ADDIO.

Nel frattempo, oggi son tornata un salto a scuola a salutare i ragazzi e portare il frutto del loro lavoro, ovvero le loro poesie "rilegate" (a mano e in maniera approssimativa, shame on me). Sono stata accolta da abbracci, baci e grandi feste da tutti. È stata dura salutarli, davvero dura; sono bambini splendidi, mi sono trovata benissimo e a quanto pare il sentimento è reciproco. Mi hanno ridato fiducia, quando fallisco in un esame pratico-didattico, come questo, mi vien sempre il terrore di non essere adatta, non essere portata, star studiando per il lavoro sbagliato. Invece direi proprio di no, né la mia responsabile tirocinio, né le maestre né tanto meno i bambini sembrano di quest'avviso. Solo una professoressa stronza che davanti a risultati di test, fatti prima e dopo il suo straordinario percorso che funziona sempre, che dimostrano che i bambini sono peggiorati, nega l'evidenza e continua a pontificare che è così che si insegna la fisica. No, vedo. Brava. È per quello forse che faccio così fatica con lei... devo deteriorare il mio metodo didattico ^^
Stronza. (E tutto per un approvato, eh, mica un voto)

domenica 13 maggio 2012

Up&down

Cioè, io non ho parole. Tipo, solo parolacce.
Allora, ricapitoliamo insieme quello che devo fare per avere 3,5 (treemmezzo) crediti di fisica e 3,5 (treemmezzo) crediti di laboratorio di scienze (=fisica)?

  • Numero un quaderno dell'insegnante, grandezza prevista circa una sessantina/settantina di pagine, con approfondimenti teorici e idee pratiche per i pargoli sui seguenti argomenti: introduzione, metodo scientifico, grandezze fisiche, moto, dinamica (meccanica), termica, termodinamica, ottica, magnetismo, elettromagnetismo, elettrodinamismo, fluidi, energia. "Vi servirà nella vostra carriera", dice. Le palle, dico, io sono maestra di sostegno e anche anche fossi di classe sarei d'italiano.
  • Numero quattro esami teorici (moto, dinamica+fluidi, energia+termica, ottica) che dovrebbero essere solo qualitativi ("A una maestra non servono le formule!") ma in realtà le formule ci sono eccome.
  • Numero un approfondimento di gruppo con lezione pronta per i pargoli (al mio gruppo tocca il magnetismo) e almeno quattro esperimenti da fargli fare, di cui almeno uno quantitativo (e vi sfido a trovarlo per i bambini... abbiamo optato per 'mettiamo degli oggettini su una riga e vediamo a ognuno quanto dobbiamo avvicinare lo stesso magnete prima che si muova', lo so fa schifo ma non ci veniva niente).
  • Numero 25 ore di laboratorio obbligatorie (24+1 approfondimento sulla LIM (una specie di maxi-lavagna, ma interattiva, ma inutile, ma che lei ama tanto, ma che si può tranquillamente sostituire al 95% dei casi con la lavagna e i gessi), che ti auguro a capirci qualcosa in un'ora), perché un laboratorio dura 25 ore. Che poi sono diventate 28, WTF?
Novità del momento: è obbligatorio seguire anche almeno due pomeriggi (15-18, quindi sei ore totali) di percorsi altrui.
Percorsi che vengono ripresi, tra l'altro, e su questa cosa NON sono affatto d'accordo.
L'obbligo di frequenza, quindi, passa a trentaquattro ore.
Cioè, scusate, ma pare a me o si esagera?! Io così torno a casa passate le sette, stanca morta, ho anche una vita, degli esami da preparare, una famiglia... No, sì, pretendo troppo, me ne rendo conto.

Passiamo invece alla parte migliore.
Sto scrivendo da Linux. Ero tentata da tantissimo, da una quindicina d'anni almeno, ma: le prime distro, sul mio PC, non volevano saperne neanche d'installarsi; le prime distro, su qualsiasi PC, erano user-friendly come un cacciavite nell'occhio. Riassunto: ho gettato la spugna facilmente, poco tentata dal fatto che avrei dovuto ammattire per capire come lavorare da riga di comando (per i diversamente informatici: più o meno come dover fare metà del lavoro su DOS). Poi leggo un post, scopro che è uscita una nuova versione di Ubuntu (12.04), più facile, più veloce, più figa, più bella, più tutto.
Vado a vedere il sito. Provo la web-demo. Effettivamente sembra una figata.
Scarico. Masterizzo. Inserisco il CD. Fanculo, non parte la demo. Leggo in giro, forum, robe, niente.
Provo sulla VirtualMachine (VirtualBox). Lì funziona. Mi prende per il culo mi prende. Vabbé, cosa faccio, rischio? Ma sì, tanto, ormai Windows dà un sacco di problemi, il backup l'ho fatto, la roba importante è tutta su HD esterno, se anche andasse male e mi fottesse anche la partizione di Windows al massimo installo da capo e ciccia, tutta salute.
Ecco.
Va che è un pupo. Veloce, pulito, rapido, uno spettacolo.
Il problema? Una volta arrivata alla schermata di login basta selezionare "2D", perché evidentemente la mia RAM non è sufficiente (che la RAM di 'sto computer fosse una vergogna lo sapevo già). Tutto qui.
Ci sono sicuramente delle difficoltà, ci sono programmi non supportati (motivo per cui, almeno per ora, ho la mia bella partizione con Win che mi aspetta in caso di angoscia esistenziale), ogni tanto diventi scemo per capire dov'è quella roba e come faccio per aggiornare quel cazzo lì, però in linea di massima mi trovo molto meglio che con Win, sia a livello di prestazioni che di programmi. C'è addirittura tutta una serie di pacchetti educational (volevo scrivere "educazionali" ma fa schifo, e "educativi" non rende l'idea), luce dei miei occhi.
Insomma, provate. Se la demo non va, non demordete; se si pianta su schermo nero trovate millemila guide online di cosa fare, se invece il problema è che vi arriva a mostrare un desktop vuoto, avete il mio problema: installate e passate in 2D (da fare a ogni login).
L'accensione prende una quarto del tempo; lo spegnimento direi metà. I driver ve li trova da sola (io e SweetAmber abbiamo deciso che ubuntu è una lei). La rete domestica è a mio parere anche meglio che su Win. Per un utente medio (documenti-mail-web) è perfetto; gli altri devono smanettare un po' v.v
Sconsigliato ai gamers, quello sì.

Infine: oggi sono andata allo spettacolo dei miei piccoli della primaria (piccoli mica tanto). Sono stati bravissimi, bravissimi e bravissimi, e mi son trovata così emozionata che ho pianto come una fontana. Un po' orgoglio, un po' malinconia, un po' nostalgia. Mi mancano da impazzire, li sogno spesso. Dopo lo spettacolo son rimasta lì, a salutarli uno per uno, in tanti mi hanno chiesto di tornare e io avrei voluto stringermeli e coccolarmeli tutti e ciao.
È un mestiere difficile quello della maestra. Ma bellissimo.

venerdì 4 maggio 2012

Goin' nuts

La vostra qui presente maestra sta diventando matta; finito il tirocinio col botto, portando dolci e dolcetti per tutti e sentendomi dire "perché non resti fino alla fine della scuola?" da metà dei bambini (mi amano, OH mi amano), adesso son sotto con gli esami.
Fisica: ne ho già dati due, di cui uno ieri, e me ne restano altri due, più il percorso di approfondimento, più il quaderno dell'insegnante, vale a dire una summa di tutti gli argomenti fatti in classe, approfonditi per conto mio (libri, quaderni di persone più avanti nel corso, internet, whatever) e con per ogni argomento anche come presentarlo ai bambini. In media vengono una settantina di pagine. In pratica una tesi. E io non voglio neanche fare l'indirizzo scientifico. 16 e 23 maggio i due esami, 17 la presentazione dell'approfondimento (a gruppi), 5 giugno (?) consegna del quaderno. Tenete a mente le date.
Musica: due libri da studiare, di cui uno non più in stampa (bello), più due percorsi da presentare, uno per la scuola dell'Infanzia e uno per la Primaria. Progetti a coppie. 8 giugno orale, quindi suppongo i progetti siano da presentare prima.
Linguistica: lasciato indietro dal primo semestre (in cui ho dato una decina d'esami, aggiungevo questo e andavo al manicomio), son 700 pagine da studiare, più un altro libro di cui però non chiede niente (?!), più un altro libro ancora da cui studiare l'introduzione. Libro introvabile in biblioteca e prezzato 60€ a comprarlo. Sto ancora cercando in tutta la regione il tomo per fotocopiarmi quelle poche pagine che altrimenti costerebbero tipo 2€ l'una. 4 luglio (o inizio giugno, ma diventerei folle).
Scienze naturali: la professoressa più dolce del pianeta, studio dalle sue slide, chiede poco approfondimento e non è una rompicoglioni. Non spaventevole. 26 giugno.

A questo aggiungiamo gli spettacoli. Ricordate che vi ho detto di tenere a mente le date di fisica? Bene. Gli spettacoli sono sabato 5 maggio - ve l'ho detto dell'esame di ieri, no?, a cui sono seguite domande a crocette/clickers(*) che fanno media con gli altri voti solo se vanno bene (quindi conveniva farle, quindi le ho fatte, quindi sono tornata a casa alle sette di sera - sabato 19 maggio - avete presente l'esame il 16 e la presentazione il 17, no? - sabato 25 maggio - ricordate l'esame del 23?
Ecco. A tutto questo si aggiungano ovviamente le prove (questa settimana una sera sì e una no), la burocrazia (e diciamo che meno male che c'è SuperBoy, va'!, mi toglie un po' di casini. Santo ragazzo), il vederci in gruppo per preparare i progetti, i ritardi di Trenitalia, la relazione di tirocinio da preparare entro il 10 e abbiamo... kaboom.
Maestra sta andando fuori di testa. Maestra quando può dorme 14 ore di fila. Io che soffro d'insonnia da quando avevo 11 anni.
Quindi scusate se continuo a latitare.
Ah, comunque, il primo di fisica è andato bene, un sanissimo 29. Ringraziamo anche PhysiGirl che essendo alla specialistica in fisica e avendo tanta pazienza con me mi spiega tutto, e MusiMan (anche detto il mio migliore amico, oppure Giuggi) che mi passa tutti gli appunti di tutte le lezioni che perdo (tutte, tranne fisica).

(*) Una roba buffa, in pratica sembra di essere a un gioco a quiz, ti danno il telecomandino e rispondi alle domande che compaiono sullo schermo. Il fatto è che i telecomandini sono meno della metà di quanti siamo noi, e che la gente ci mette cinque minuti per ogni cazzo di domanda, così per farne 21 ieri ci abbiamo messo tipo due ore. Bello.

sabato 31 marzo 2012

Possibilità

Le giornate sono piene, con settemila cose di fisica da studiare per avere 3,5 crediti, il tirocinio, la relazione di tirocinio da rifare perché non sanno mettersi d'accordo e tutte queste cose qua. Però potete dis-incrociare dita, ovaie e quanto avevate incrociato, perché il colloquio l'ho fatto. Sono in lista per riempire le assenze di educatrici e insegnanti di sostegno (che poi è esattamente quello che voglio fare nella vita, oh quanto culo) e ho buone possibilità per qualche centro estivo, perché le mie credenziali sono fighe. E ci credo, magistrali e Scienze della formazione, esperienza (che poi è l'unico tipo di esperienza che ho), che altro si può chiedere? =D prima o poi potrei cominciare ad avere anche qualche euro in tasca, in cambio di tutto il mio studio. Era anche ora ^^

venerdì 2 marzo 2012

Incrociare!

Voi incrociate le dita, le ovaie, i testicoli e qualsiasi altra cosa di incrociabile abbiate per me.
Poi, quando saprò qualcosa di più, vi dirò perché. E in caso si festeggia.

sabato 18 febbraio 2012

Inglisc

Finita. Mesi di ansia, settimane di incubi, ed è finita. Posso bruciare tutto, addio inglese, addio lesson plan a cui correre dietro, addio addio addio.
Anche grazie alla disgraziata che mi ha ceduto il suo posto e magari sta ancora aspettando. Grazie Francesca.
E ieri una buona premessa, la relazione di laboratorio ritornata con un 'accettato con lode - brava e critica' che dà sempre la sua bella soddisfazione, anche se alla fine dei conti è solo un'idoneità.
Mancherebbe un esame, forse a fine marzo. Ma per quanto mi riguarda, ho dato nove esami in due mesi e mezzo, sono soddisfatta.

venerdì 10 febbraio 2012

Incommentabile

Ci sono cose che non si possono commentare. Occhi, sguardi, espressioni che non ti escono dalla testa. Sono lì, che continuano a fissarmi, e sento ancora nelle orecchie parole che neanche un adulto dovrebbe dire, e men che mai un bambino.
A certa gente andrebbe impedito di procreare.
Ci sono donne che diventano mamme.
Ci sono donne che fanno solo da incubatrice, per il bambino prima, per il suo dolore poi.

sabato 4 febbraio 2012

Incoerentemente

Non ho molta voglia di commentare il mio 24 di disegno.
Mi ha dato lo stesso voto che ha dato a uno che non aveva idea di che cazzo fossero le sue proiezioni ("assonometrie ortogonali"), che ha detto bellamente di essersi fatto fare, e che aveva disegnato il tavolo dall'alto, il piatto da lato, con un'ombra per dietro, e una sfera vicino con un'ombra davanti - tre voti in meno di chi ha disegnato una proiezione senza costruirla (sì, disegnata sul serio, un triangolo più o meno qui, un rettangolo più o meno lì...) e mettendo due piani orizzontali e nessuno verticale.
Ok, è un 24, ma con queste basi un 24 fa vomitare.
Evidentemente contava veramente l'unica cosa che aveva detto non avrebbe contato: la bellezza del disegno.

venerdì 27 gennaio 2012

Santo subito

Sono riuscita a consegnare la mia lezione. E quella di altre due persone.
Con padreh che mi aspettava in auto in divieto di sosta, pietificato dall'immaginare la sua unica figlia persa negli innumerevoli sensi unici di quella città labirintica.
E adesso vado a lavarmi le mani, che sono tutte grigie grazie a questo.

giovedì 26 gennaio 2012

...

No comment

Io ODIO disegnare.

Allora. Già io odio disegnare. Ora poi devo fare un disegno dal vero della mia finestra e quello che c'è fuori, il che implica che non posso stare sulla scrivania, quindi devo lavorare con la roba in bilico sulle ginocchia.
Mi è appena scivolato il righello.
Dritto nella cazzo di cassettina del gatto.
Io ODIO disegnare!!!

Disegnare con la chiappa destra

Sto lottando con l'esame di disegno.
Detto in parole povere: spesso alla gente non piace disegnare perché non lo sa fare.
Io non lo so fare perché non mi piace.
Per niente.
Seguendo i preziosissimi [citazione necessaria] consigli del libro della Edwards (che in effetti è ben fatto, eh, ha anche dentro un po' di psicologia e neuropsicologia, ma è pretenzioso) e del mio carissimo professore (no, non lo definirei "carissimo", in realtà, piuttosto "completamente fuori di testa", ma è per quello che mi piace) riesco anche a fare delle cose decenti.
Il punto è che mi annoio. E mi stanco da morire.
Quando abbandoniamo lo stato della funzione D, anziché sentirci stanchi ci sentiamo rigenerati.
Mi permetta, signorina Edwards, in tutta cordialità: le palle. Conosco la funzione D, che poi starebbe per "disegno" ma in realtà si attiva in qualsiasi caso ci perdiamo nelle attività creative; la sperimento scrivendo, leggendo, facendo puzzle, e, sì, anche disegnando - so di cosa si tratta, la so riconoscere. Il problema è che mentre scrivendo-leggendo-puzzleggiando ma anche guidando o cantando o suonando effettivamente mi rigenero, disegnando ne esco esausta, provata, con gli occhi che bruciano e un bel mal di testa, quindi non mi venga a dire che se riesco a entrarci mi piace per forza, perché non è vero.
Mi piace dipingere, scarabocchiare, giocare con i colori. Ma odio disegnare.
E devo ancora fare 6 disegni, di cui due tecnici dei quali non ho alba.

mercoledì 25 gennaio 2012

Non so.

C'è gente che si lamenta che non riesce a fare quello che faccio io. Perché io sono "più intelligente" e loro, poverini, non ce la fanno. Beh, lasciate che vi spieghi una cosa: io mi faccio il culo piatto a forza di lavorare. Di imparare, di esercitarmi, di mettermi alla prova. È inutile dire "non so" e poi fregarsene bellamente degli esercizi pensati apposta per arrivare a "sapere" perché "non mi interessano" e "sono noiosi".
O non rompi i coglioni dicendo "non riesco", o la smetti di pensare che sapere e saper fare arrivino di notte chiedendo al genio della lampada.
[Sfogo dato dallo studio di disegno - "io non so disegnare" seguito da "ah non li faccio 'sti esercizi, sono stupidi". Ma andate a cagare.]

martedì 17 gennaio 2012

Valorizzazione dell'autostima

Ovvero, quell'evento che avviene quando prepari un esame (due esami, in realtà, in una sola volta) che spaventa il 95% della tua facoltà, ti presenti, leggi le domande, pensi "cazzo, avevano avvisato che va nello specifico, ma questa è follia".
Torni a casa e scopri che ha già corretto. E hai preso 25.
Inventando una risposta di sana pianta.
Ed era l'ultimo esame da preparare del semestre; mi mancano solo cose pratiche, e uno che ho rimandato a giugno. Nove esami dati su dieci... e adesso conga! (*-*)

mercoledì 4 gennaio 2012

domenica 1 gennaio 2012

Fuck

Il mio libro di psicologia dello sviluppo: secondo Piaget tre sono le caratteristiche del pensiero dei bambini per quanto riguarda la realtà: artificialismo, animismo e finalismo. L'artificialismo è quando pensano che sia stato l'uomo a creare le cose naturali; l'animismo quando danno un'anima alle cose inanimate. Vuoi sapere qualcosa anche sul finalismo? Beh, attaccati al cazzo, perché io adesso cambio argomento.


Perché?